sabato 28 maggio 2011

Any given Saturday



Ogni sabato mattina il prato tra la banca d'Italia e il Policlinico di Tor Vergata è luogo di un singolare incontro. Un ricercatore quarantenne si vede con un gruppo di studenti dell'Università, facoltà di scienze, molti del corso di Fisica (di alcuni è stato addirittura relatore della tesi triennale). E si gioca a Football Americano!

Si è partiti così come per caso. Da un regalo. Un pallone e una maglietta omaggio dei neolaureati per il 'prof', un pò fanatico di questo gioco. E la promessa di usarli. La fine della primavera dello scorso anno ha visto i primi passi dell'iniziativa. Ma solo quest'anno siamo cresciuti veramente, di numero e di motivazioni. Un giorno fisso, un posto fisso. Prima eravamo in sei, poi siamo diventati otto, cresciuti a dieci, arrivati a dodici, ed oggi, sebbene alcune assenze importanti, eravamo tredici.

Alcuni hanno già un ruolo e un nickname. Damiano è il panzer, Andrea è Norris (perché tutto gli riesce facile come a Chuck Norris), io sono 'il Prof'. Ma sopratutto mi pare che tutti si divertano ed è questa la ragione per la quale tornano e aumentano di numero. 

Il segreto del successo è una alchimia di vari fattori. Prendete il fascino di un gioco in cui l'aspetto tattico è fondamentale. All'inizio arrivavo io con una lavagnetta, adesso ne abbiamo due e un vero playbook. Aggiungete un aspetto agonistico importante sebbene noi cerchiamo di depurare il gioco da quel bit di violenza e pericolosità che vi è insito con regole particolari. Questo non ha purtroppo evitato alcuni infortuni, uno particolarmente grave, che ha costretto un ragazzo a passare la Pasqua e i giorni seguenti all'ospedale per un problema alla lingua. Il destino ha scelto però una delle persone più in gamba, che ha dimostrato in questa occasione un vero stoicismo e ha preso questo problema con serenità. E' tornato a giocare e l'altra settimana ha segnato il touchdown di apertura.

Amalgamate il gruppo con qualche personalità spiccata e una grande propensione a fare bene le cose. Ottenete la perdita del concetto del tempo e di spazio. Oggi abbiamo giocato quasi quattro ore e nessuno se ne era accorto. E' una regressione infantile se vogliamo, l'unico periodo della vita nel quale il tempo non gioca nessun ruolo. Sembra infinito. Siamo là ma fuori dal mondo, dai pensieri, dagli impegni. Si parla, si cerca di migliorarsi, si provano e riprovano gli schemi. E quando una azione passa dalla lavagna al prato c'è una gioia grande, come di avere costruito qualcosa, di avere realizzato una idea.

Ci sono sfottò, provocazioni, canzonature, ma tutti leggeri, divertenti. Magari si discute sulla posizione del pallone per 10 cm, ma solo per il gusto della provocazione. Se succede qualcosa si ripete l'azione, le penalità praticamente non esistono.

Mi sento molto fortunato per avere incontrato un gruppo di persone così belle. Persone che non sono trasparenti, che hanno qualcosa da dire, da fare e che la nostra società etichetta come 'giovani', avendo in questo un sapore negativo, come dire 'non sa fare nulla'. A me pare invece il viceversa. Credo che siano come cellule staminali. Possono essere e diventare tutto.

E frequentandoli mi pare di essere anche io più giovane. Dentro.

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