martedì 28 giugno 2011

smart card di tutto il mondo unitevi

Il mi portafoglio lievita ogni giorno. Non per i soldi però. Per le smart card e tessere varie.

La carta di credito è immancabile. Senza il bancomat non si può stare. Possiamo forse fare a meno della tessera sanitaria? Giammai!

Esco di casa e vado a fare benzina, carta del gestore per la raccolta punti, per avere uno sconto che ho valutato è circa l'1 per mille.

Alla mattina per entrare a Tor Vergata ho bisogno della carta del parcheggio. Poi devo arrivare in ufficio e qui serve un'altra carta per aprire il corridoio.

Vado ai laboratori di Frascati. Devo entrare nel tunnel dell'acceleratore e anche qui un'altra tessera.
Viaggio molto e dunque quando prendo un biglietto aereo devo avere le tessere fedeltà, alitalia e lufthansa.
D'altronde mi possono servire anche per il checkin automatico in aereoporto.

Mi vado a comperare qualcosa da mediaworld, altra tessera.
Se poi sono all'estero non manca mai una tessera telefonica. Se sono per lavoro in Germania c'è anche la tessera per entrare anche lì nel tunnel dell'acceleratore. alla fine posso arrivare ad avere 11 carte nel mio portafoglio.

Mi chiedo: nell'anno 2011, quando oramai i sistemi biometrici sono altamente avanzati non sarebbe possibile una identificazione personale, almeno per quello che riguarda i dati sanitari, carte di credito, bancomat etc?
Arriveremo un giorno a potere pagare con l'impronta digitale o con lo scan della nostra retina?
Sarà possibile che i nostri dati sanitari siano custoditi da qualche parte e alla bisogna vengano scaricati senza doverceli portare addosso? Con il rischio costante di perderli?

Chissà...




venerdì 24 giugno 2011

la dignità umana

Sono rimasto molto colpito dal suicidio del suocero di un mio amico. Una persona anziana e gravemente ammalata che si è piantata un colpo in corpo. Soffriva molto.

Poco tempo fa mi fece male leggere della fine del maestro Monicelli, suicida a così tarda età per sfuggire ad una malattia ed un dolore oramai senza domani.

E' abbastanza strano che abbiamo così tanta pietà con gli animali che soffrono, da fargli una iniezione, e così poca con gli esseri umani.

Cosa ci sia di salvifico nel dolore non lo capirò mai. E perché mai un Signore, se esiste, lo consideri così importante. Trovo che il dolore sia solo dolore. Siamo il paese che usa la maggiore quantità di farmaci antidolorifici, dunque non ci piace certo soffrire, ma dove non c'è nessuna terapia del dolore per le persone ammalate. E' sacrosanto che i credenti si adeguino alla dottrina, ma perché devono dettare le regole agli altri?

Ricordo ancora la scena tristissima del funerale del povero Welby, scacciato dalla Chiesa perchè suicida. Bell'esempio di carità cristiana. E poche settimane prima un funerale fastoso condito da alti prelati per un dittatore sanguinario ed assassino come Pinochet. Dove è la credibilità della Chiesa? Quella credibilità che sarebbe necessaria ad una istituzione che dovrebbe essere guida morale di parte del mondo occidentale.

Dove finisce la nostra pietà? Perché non consideriamo che una persona che ha vissuto abbia il diritto di scegliere come andare via, quando la malattia la devasta e le rimane solo una strada fatta di sofferenze? Abbiamo paura perfino a pronunciare la parola eutanasia. Parliamo di fine vita, di testamento biologico, che ovviamente non c'entrano nulla con l'eutanasia perché vorrebbero solo che una persona avesse il diritto, sancito dalla nostra costituzione, di rifiutare una terapia medica, anche se la conseguenza fosse il decesso.

Se non permettiamo a chi è gravemente malato di scegliere una via di uscita dalla sofferenza lo abbiamo già ucciso. Perché consentiamo che perda la sua dignità umana per il nostro egoismo.

martedì 21 giugno 2011

una (non sottile) differenza

Oggi ho ricevuto una bella e una cattiva notizia. E la cosa strana è che sono la stessa!

Una persona che sta finendo il dottorato con il mio gruppo ha ottenuto un contratto per il post-doc presso un prestigioso laboratorio straniero. Era una selezione difficile, eppure ce l'ha fatta, a testimonianza della qualità della nostra scuola. Poteva iniziare solo a novembre mentre volevano qualcuno da settembre e nonostante tutto è andata bene.

Quando mi è arrivato l'sms mi sono commosso. E' una notizia bellissima. Però poi ho realizzato che per noi non è così. Ovviamente per chi parte, va all'estero, in una città splendida, con un ottimo stipendio, lavora in un laboratorio molto apprezzato, con gente famosa, è tutto bellissimo. E io sono veramente molto felice. Quando chi lavora duro ed è bravo e sa muoversi in un gruppo ed è produttivo trova un giusto riconoscimento come non si può esserne felici?

Ma io mi sento molto come quei parenti poveri che salutavano i figli in partenza per l'America nei primi del '900. Troppo poveri per poterli tenere, per garantirgli un futuro. E allora mi sono intristito perchè è una grande perdita, umana e professionale. Tanti anni per formare una persona e ora quando è al top arriva il fichetto con la limousine e la porta via.

Uno studente una volta mi disse, provocatoriamente, che l'Italia non deve cambiare. Siamo il paese incubatore del mondo. Da noi si formano le persone brave, si temperano ad affrontare le difficoltà della vita, le stupidaggini dell'organizzazione del lavoro, le pastoie della burocrazia, la selva della giungla automobilistica, e poi il mondo le utilizza. Tutte le esperienze fatte da noi contribuiscono a formare quegli strumenti che ci rendono così richiesti. Ogni persona che è partita dal nostro gruppo ha vinto subito una selezione all'estero e ha avuto un posto.

E' una buona notizia o c'è da arrabbiarsi? Ne abbiamo piazzati o persi molti? Si gioca tutto su questa differenza, non sottile.

domenica 19 giugno 2011

la vigna dei coglioni

Il mio vicino di casa, di cui ho grande stima, utilizza questa colorita espressione per indicare che a fronte della nostra pazienza verso comportamenti scorretti c'è qualcuno che pensa di approfittarne.

Ci sono due Italie e la divisione non è destra-sinistra. C'è una sottile linea che, spiace dirlo, deriva molto dal censo. Da un alto c'è una Italia giovane, piena di entusiasmo, ma squattrinata, dall'altro una casta di privilegiati ma molto ben forniti economicamente.

Un ragazzo l'altro giorno mi diceva perché vuole andare all'estero: "da noi sei un peso, ci mettono mesi a farti il contratto e poi a pagarti. quando vai fuori il primo giorno hai contratto, soldi, ufficio, scrivania, computer, email ufficiale e sopratutto ti considerano una risorsa".

Gira voce che forse l'Università non ce la farà a pagare gli stipendi quest'anno. Sarebbe seccante dovere rimanere a casa senza soldi.

Eppure lo stato ha 4,2 miliardi di crediti. E chi sono i debitori? Molti di quelli che stavano a Pontida per esempio, che si lamentano se producendo più latte delle loro quote devono pagare le multe. Coloro che non vogliono che a fronte di mancate imposte versate lo stato gli sequestri i beni. E questa gente ha un megafono nel governo.

E pensate alla valanga di soldi che vanno ai boiardi di stato. Sentivo per radio alcuni giorni fa una lunga intervista a Masi, ex direttore generale della Rai. Era francamente indifendibile. "ma la chiamavano i politici?"- "non ricordo". Ma quante telefonate al giorno?, non il nome. Non so.

Poi però si ricorda che a chiamare erano sopratutto "le gnocche". Non le donne, non le aspiranti stelline dello spettacolo. Le gnocche. Sottolineando però che lui non aveva bisogno della sua posizione di potere per approfittare di loro. Anima bella. Contrariamente a quanto si racconta di un ex direttore del TG1.

D'altronde il modello culturale che si impone oggi è che studiare non serve a nulla. La Minetti, a lungo etichettata come igienista mentale del premier, vuole fare il ministro degli esteri. Il trota è consigliere comunale.

Masi sottolineava il ruolo positivo della "segnalazione". Non si chiama raccomandazione, ma segnalazione. E' come chiamare un cieco non vedente. C'è una idea di politically correct insulsa e fastidiosa. Ma sì la segnalazione è importante, dice Masi, il nostro paese è fondato su questo. Ed ha ragione, non è fondato sul merito o la competenza, ma sulla segnalazione.

Spero che il giorno che si sente male sarà operato da un chirurgo "segnalato" da qualcuno piuttosto che bravo. Eh sì perchè a nessuno frega nulla se lo stato è creditore, pensando che non siano soldi suoi. Così nessuno si indigna se qualche figlio di fa carriera. Salvo poi incontrarlo sulla propria strada.

E allora basta con al vigna dei coglioni. Non è essere moralisti, l'etica è una cosa pratica. Funziona meglio!

mercoledì 15 giugno 2011

l'italia peggiore

I giornali riportano di una infelice uscita, non la prima non l'ultima, del ministro Brunetta, che avrebbe apostrofato alcuni precari dicendogli che rappresentano l'Italia peggiore.

Quale è l'Italia peggiore? Sarà quella che sotto il craxismo, di cui Brunetta è stato sponsor e beneficiario, ha raddoppiato per due il debito pubblico? Pensate ad avere un mutuo di 1000 euro al mese e così in poco tempo vi diviene di 2000. Duro da pagare eh? Beh noi abbiamo fatto questo negli anni 80. e ancora paghiamo.

Sarà mica quell'Italia fatta di universitari entrati in base a ope legis e poi ritrovatisi in cattedra con solo tre articoli pubblicati come il ministro?

O invero si parla del figlio del suo collega, noto alle cronache con il soprannome poco lusinghiero del trota, che percepisce un munifico stipendio pur essendo un conclamato imbecille?

Quale è l'Italia peggiore? Quella dei telegiornali che sbagliano le date dei referendum e dicono di andare al mare? C'è di peggio a scambiare una calamità come il terremoto per una opportunità? Oppure sta parlando di chi pensa di sparare cannonate sui boat people che affollano il mediterraneo e che seminano i morti di poveri disgraziati lo stretto di sicilia?

Chissà se il ministro dell'efficienza è entrato di recente in ufficio postale. Decine e decine di anziani in piedi in fila e un solo sportello aperto a fronte di almeno 10 disponibili. Vista questa scena lunedì scorso.

Insomma siamo però contenti, perché finalmente Brunetta, contrariamente al solito, ha parlato di un argomento che conosce veramente bene: l'Italia peggiore !

giovedì 9 giugno 2011

un sorso di privato

Chi mi conosce sa come la penso sul pubblico e sul privato. Di principio io sarei anche favorevole alle privatizzazioni, anzi c'è stato un tempo che ero molto favorevole.

Però mi rendo conto che come un bravo allenatore capisce che mettere in campo una squadra solo in base agli schemi prescindendo dal materiale umano disponibile è perdente, così il legislatore deve fare i conti con la longitudine e soprattutto con la latitudine. Una legge buona in altri paesi non funziona anche in Italia.

Ed il problema è sempre lo stesso: da noi non ci sono regole. O meglio ce ne sono anche troppe (che è come non averne) e non valgono per tutti.

Prendiamo la privatizzazione delle Autostrade. Un grande affare per chi le ha comperate. Lo stato ha dato via una società in attivo che produceva un utile su un servizio, non su un bene. Il privato si guarda dall'investire in manutenzione, nel miglioramento della qualità, nella costruzione di nuove tratte. Amministra tutto con l'unica stella polare del profitto. Lecito se si tratta di un bene, meno se è un servizio e ci sono degli impegni da rispettare.

Una volta tutta l'acqua era pubblica. Adesso ci sono molte società a capitale misto. Il matrimonio privato pubblico è sempre di interesse. Il privato spunta condizioni molto favorevoli, i controlli sui suoi impegni sono sempre distratti e dunque il pubblico paga e il privato ricava. Il costo dell'acqua è molto aumentato negli ultimi anni, forse perchè il servizio è migliorato? Saranno gli acquedotti che adesso non perdono più?

Ci mancherebbe. La qualità degli acquedotti non dipende dalla gestione, ma sempre dalla latitudine. Il più perforato è al sud con capitale misto e il migliore è al nord completamente pubblico.
Il prezzo sale perchè la legge consente una remunerazione adeguata al capitale investito. Ovvero si può caricare la bolletta per rifarsi dell'investimento. E questo indipendentemente dalla qualità del servizio o dagli investimenti.

A me pare che l'acqua sia un bene troppo prezioso per essere privato. Perfino in Francia e Germania sono tornati indietro. Ci sono dei beni della collettività che vanno gestiti dal pubblico. Il pubblico non funziona bene? Va migliorato. Non va svenduto all'amico di bustarella che specula su un bene comune e ripartisce a noi le perdite e a lui gli utili.

Per questo domenica andrà a votare e invito tutti a farlo. Perché qua non si parla di destra o sinistra, si parla di una cosa concreta: di quale paese stiamo costruendo, oppure ahimè smantellando.


domenica 5 giugno 2011

Fight Club

Su insistenza di alcuni giovani amici ho visto un film del 1999, Fight Club. Una pellicola che è divenuta un cult per le nuove generazioni.
Spero che questo post serva per aprire un dibattito sul perché. Alcune cose le ho capite, altre meno.

Diciamo subito che il film è da vedere. Forse da rivedere per capirlo meglio, ma non entrerebbe mai nella classifica dei migliori che abbia visto.

Brevemente è la storia di un annoiato insonne insignificante esseruncolo che conosce una persona fuori dagli schemi (Brad Pitt)  e dalle righe. Viene portato a fare e pensare cose che prima non immaginava. La prima parte della pellicola gira intorno al fight club un posto dove picchiare, e ovviamente essere picchiati, in grande libertà. Una valvola di sfogo. Successivamente la trama diviene meno lineare e si passa da piccoli raduni alla creazione di un vero esercito ombra, in una visione un pò surreale, il cui compito è la distruzione, la demolizione, o al limite il vandalismo dell'ordine costituito. Il tutto finisce con la scoperta della personalità bipolare del protagonista, di cui Pitt è solo la proiezione.

Non nego che ci siano alcune interessanti intuizioni a livello psicologico, e sicuramente qualcuno del campo ne potrebbe capire più di me. Per esempio il protagonista che si trascina da una congregazione all'altra, dagli alcolisti ai malati terminali di tumore, perché il pianto è l'unica valvola di sfogo che gli consente il sonno.
Ci sono alcune frasi di chiara lapalassianità, tipo " tu non sei quello che guadagni, la macchina che guidi, il lavoro che fai etc." che messe nel giusto contesto possono passare per realtà universali.

C'è una atmosfera, decisamente nichilista. La libertà passa per l'annientamento, economico, fisico e sociale. Solo se ti tocca il fondo si è veramente liberi, perché non si ha nulla da perdere.

Non mi sfugge una certo atteggiamento da superuomo che può far breccia sui giovani, forti, sani e ricchi di testosterone. E il fascino sinistro che ha ogni cosa proibita, come guidare contromano in autostrada.

E' l'adrenalina. Credo che uno dei motivi di apprezzamento della pellicola sia proprio l'adrenalina, che sviluppano i combattimenti e le bravate.

Finché si tratta di una pellicola ognuno è libero di portare il suo lavoro. Mi preoccuperei se vi fosse un pò di spirito di emulazione, non tanto nelle zuffe che fanno parte della storia dell'umanità nell'eta giovanile, quanto più che altro nella mentalità distruttrice e autodistruttrice del protagonista.

La libertà non è l'annientamento. Il liberarsi dalle schiavitù materiali è come vivere nel deserto. Un uomo solo nel deserto è libero? (di crepare probabilmente...). No è prigioniero del deserto, è schiavo della sua libertà.
Nell'essere animale, si badi non solo uomo, c'è un concetto di gruppo di collettività. Per noi questo è ancora più importante. E' ovvio che le società non sono mai come le vorremmo noi, le regole non ci piacciono tutte, ma questo è il nostro contesto, la cornice nella quale ci muoviamo. Possiamo provare a cambiarla, ma scassare tutto non mi pare la soluzione.

A meno che non vi sia un ideale alla base. Altrimenti nessuna rivoluzione avrebbe avuto propellente nella storia. Ma in questo caso la miccia che accende tutto è la noia. La vita piatta, la mancanza di ideali, la povertà sentimentale interiore, la freddezza dell'animo.

Ecco forse bisognerebbe guardare di più certe volte al punto di partenza che a quello di arrivo. Forse basterebbe poco per cambiare la traiettoria su cui si mette la nostra vita.

sabato 4 giugno 2011

Tienanmen

Ventidue anni fa finiva il sogno della primavera cinese.


Ero nell'ultimo anno di liceo, gli ultimi giorni di scuola. Pensavamo alla maturità. Era un pò di tempo che vedevamo con molta simpatia questi ragazzi cinesi. Avevano la nostra età  o qualche hanno di più.
Pensavamo che si era ad una svolta storica anche per il comunismo cinese.

All'improvviso la svolta, i carri armati sui ragazzi inermi e indifesi. Avevano issato una piccola statua della libertà, perché qualunque cosa si pensi quello è il simbolo della libertà. Il luogo porta del nuovo mondo, per milioni di persone senza presente. Il paese nel quale ogni cosa è possibile, dalla notte del Maccartismo alla presidenza di un nero figlio di un immigrato. La statua fu la prima cosa abbattuta. Poi i carri armati passarono sui corpi inermi degli studenti universitari. Allora si disse che ci furono 4000 morti. Tutti giovani. E chi non morì lì quel giorno fu condannato a morte, un colpo di pistola al capo e il costo del bossolo addebitato alla famiglia.
Quel giorno è ancora nel mio cuore, come il dolore e lo strazio per quei giovani che chiedevano solo libertà e democrazia.

Tutti indignati ma nessuna reazione. La cina è un mercato incredibile e nessuno si sogna di interrompere le relazioni per una questione di diritti umani, figuriamoci...robetta.

Ricordo qual era la preoccupazione in quei giorni in Italia. C'erano le elezioni europee. Il partito comunista non fu penalizzato dagli eventi cinesi. Perché questo era il problema, per il PCI smarcarsi dalla tragedia e per gli altri etichettarlo a colpevole.

Ci sono vari luoghi nella terra attraverso i quali passa la pace e il progresso. Tienanmen è tra questi.  La Cina non sarà mai una nazione civile se non farà i conti con questo passato.

Erano giovani e forti e sono morti...