giovedì 26 gennaio 2012

La giacca fumante

Era un giorno di inverno, freddo ma bello. Lo ricordo perché non sono un afecionado delle manifestazioni e sono poche quelle a cui partecipo. Eravamo a piazza Montecitorio e credo che il nostro target fosse la Moratti e qualcuna delle sue terribili riforme all’inizio del decennio precedente. Un sit-in. Non molte persone. Come al solito il paese parla molto di ricerca ma poi lascia sempre soli i veri ricercatori. Io ero un precario e insieme a me vi erano altri due colleghi, precari anch’essi, mia moglie Federica e uno scienziato polacco, a cui il morboso attaccamento alla sigaretta è stato ahimè fatale.


C’era qualche personaggio conosciuto e tra questi non potevo non notare Franco Pacini. Le sue frequentazioni televisive, il suo volto cordiale e affabile, la sua parlata inconfondibilmente toscana lo hanno sempre reso riconoscibilissimo. Almeno per me che da ragazzino e da adolescente lo sentivo parlare alla TV delle stelle e dell’osservatorio di Arcetri di cui era direttore. Lo ascoltavo e mi stregava, lo immaginavo a scrutare il cielo con un senso di fanciullezza che il suo essere trasmetteva.

Ecco quel giorno verificai di persona il candore della sua anima. Era vicino a noi, intento a parlare vicino ad un muro e aveva acceso la pipa. Dopo un po’ cogliemmo nell'aria un pungente odore di bruciato. Ci girammo e notammo del fumo uscire dalla sua giacca. Dopo un momento di smarrimento anche lui si accorse che stava andando a fuoco.  Il fisico distratto aveva riposto la pipa ancora accesa!


Ora questo già basterebbe a farne una persona simpatica ma ciò che disse dopo fu ancora più esilarante. Si doleva  che sarebbe stato rimproverato dalla moglie perché quella era la terza giacca che bruciava!


Leggendo che oggi è morto lo voglio ricordare così, con la sua giacca fumante e il suo volto sorridente. E mi piace pensare che abbia amato troppo le stelle per avere paura della notte!

mercoledì 25 gennaio 2012

La sfiga di chiamarsi Martone

Elogio della sobrietà: chi non si laurea entro i 28 anni è uno sfigato. Concetto lapalissiano rozzamente espresso che si fonda su un dato di fatto: le aziende valutano moltissimo il tempo che i giovani impiegano per laurearsi.
Dunque un titolo di studio tardivo è spesso visto come inutile.

Ora da qui si potrebbe partire a fare qualche riflessione su come (non) funziona l'università, sulla carenza della scuola superiore e le lacune che i giovani non hanno colmato quando vi escono, sull'indole un pò rinunciataria di alcuni.

Invece mi vorrei concentrare sulla credibilità. Contrariamente a quanto detto stamani da un mio stimato collega non è vero che se una verità viene detta anche dal più infimo dei delinquenti questa non abbia meno forza. E' proprio così invece. Che credibilità ha un ladro che parla di onestà, o un politico corrotto di etica?
Chi è Martone?

E' uno dei tanti figli di padre illustre in questo paese. E sopratutto un genio si capisce. Pensate a 26 anni era ricercatore di ruolo (roba che neanche un premio Nobel in Italia), a 27 professore associato e dulcis in fundo a 29 professore ordinario! Il tutto avendo alle spalle un curriculum discutibilissimo. Ma si sa le amicizie contano tanto nell'ambiente accademico.

Adesso ha 37 anni e effettivamente ha messo insieme un bel pò di articoli da pubblicista su testate importanti, incarichi di rilievo anche in sede comunitaria. Ma è semplice così, se sei arrivato al top della carriera a 29 anni, puoi dedicarti completamente a vivere da protagonista.

E lui lo ha potuto fare non per i suoi meriti o non solo per quelli ma perché ha avuto tutte porte aperte, piani inclinati in discesa, perché non si è mai sudato nulla. Non ha fatto la gavetta, non è stato un fante nella trincea, non si è schizzato la giubba di fango. No, lui è arrivato subito nella cabina di comando.

E' alla stregua di un ricco aristocratico dell'ottocento che si trova tutto pronto e critica la working class, non capendola, non sapendo nemmeno di che parla.

Il tono è tutto. La fastidiosa saccenza che quella parola sfigato tradisce non fa che indebolire una osservazione (ovvia) che se contestualizzata in modo diverso poteva anche essere spunto di riflessione.

La sfiga di chiamarsi Martone.

sabato 14 gennaio 2012

Approssimativi

Trovo che la stampa sia molto approssimativa. Questa cosa manda in bestia una mia cara amica, che fa la giornalista. A proposito, è sua la firma della storia di copertina del Venerdì di Repubblica di questa settimana sulle carte di Moro. Una bella soddisfazione!

Io lo vedo come lavora. Viene pagata pochissimo per quello che fa, deve stare dietro ad un sacco di cose, lavora anche in vacanza e i weekend. Non è facile. E dunque magari qualche errorino può capitare.

Quello che non capisco è la totale imprecisione nelle notizie che hanno i suoi colleghi. Prendiamo l'efferato fatto di sangue avvenuto a Roma poco tempo fa. A secondo del giornale che si leggeva la povera bambina aveva 6, 9 o 12 mesi. Avrà avuto una data di nascita?

Veniamo alla tragedia di ieri. Una nave che naufraga in serata, non nel mezzo dell'Atlantico, ma a pochi metri dalla riva.  E' un evento difficile da ricostruire? Non credo.

Ma che ora era? Sullo stesso giornale articoli diversi hanno orari diversi. Caro Corriere, erano le 21 o le 22? O forse le 21.30 come dice un intervista su Repubblica? Meglio stare sul generico come fa qualcun altro, ora di cena va sempre bene.

Ci sono poi le testimonianze riportate tra virgolette. Ora tra 4300 persone ci saranno anche state quelle che avevano qualcosa da raccontare. Perché riportare nelle poche righe che ci sono la testimonianza di chi dice, 'la nostra vita è rovinata, abbiamo perso tutto'? E porca miseria e quelli del terremoto dell'Aquila allora? Avrete perso un paio di pareo, dei costumi da bagno, qualche vestito al massimo, la macchinetta fotografica e l'iphone!

Ma c'è anche chi se la prende con la ricettività dell'isola del Giglio," nemmeno un bicchiere di latte". Ma come, una isola dove abitano 1000 persone, viene presa d'assalto da altre 4300, aprono tutto, scuole, chiese, palestre. Ma come si fa a pensare che siano attrezzati per una tale necessità? Riportiamo per favore i dettagli, la storia vera.

Per esempio, i morti annegati, sono caduti, si sono buttati in acqua? Queste sono le domande che un giornalista si dovrebbe fare, non stare dietro ad ogni pettegolezzo. E i dispersi sono i 50 del Corriere o i 70 di Repubblica?

Non è pignoleria. Questi fatti sono semplicissimi da raccontare. Non serve un background particolare. Adesso prendiamo queste professionalità e facciamogli raccontare qualcosa di scienza.

Brivido!

Eppure oggi molte cose andrebbero raccontate al grande pubblico. Primo perché la ricerca deve essere finanziata e dunque il cittadino contribuente avrebbe il diritto di essere informato su come si spendono i propri soldi. Ed inoltre perché alcune scoperte, alcuni campi, hanno delle sovrapposizioni con l'etica e delle volte l'educazione religiosa.

Ma con tale approssimazione, rischiamo che si scriva che i bambini li porta la cicogna!


martedì 3 gennaio 2012

Nemo profeta in vita

L'altra sera guardavo la trasmissione dedicata a Walter Bonatti. Chi era costui? Nella mia infanzia era un tizio che ogni tanto appariva su Topolino per parlare di un qualche viaggio estremo. E' stato un grandissimo alpinista e poi esploratore.

Eppure ci sono voluti 50 anni perché si riconoscesse il suo valore nella scalata del K2. Le invidie, le bugie, la cattiva fede lo aveva messo in un angolo, accusandolo ingiustamente e nascondendo i suoi meriti.
Mi viene da pensare che è stato fortunato a vedere da vivo la sua riabilitazione. Trovo che il nostro paese sia un maestro per masticare i suoi uomini migliori e relegarli ad una vita difficile, salvo poi incensarli da morti.

Mazzini è di certo l'esempio più significativo che mi viene in mente, morto da ricercato sotto falso nome nel nascente regno di Italia e poi divenuto padre della patria.

Se andiamo ancora indietro nel tempo sicuramente non possiamo dimenticare Giordano Bruno, arso vivo dall'Inquisizione nel 1600 per avere detto che nell'universo esistono moltissimi altri mondi come il nostro, il che è assolutamente vero. A seguire Galileo, condannato per il supporto alla teoria eliocentrica di Copernico, un'altro che aveva ragione.

In tempi recenti mi viene in mente Giovanni Falcone, sempre osteggiato, dalla mancata nomina a procuratore capo alle contestazioni perché era divenuto collaboratore del ministro di giustizia Martelli. Il suo più grande torto, come ricordava lui, era non essere stato ammazzato. Si è posto rimedio.

Anche oltre Tevere hanno avuto i loro grattacapi. Mi è presente la figura di Don Milani, il suo motto "I care", contrapposto al me ne frego fascista. Mi interessa di te, ecco la cosa che muove le persone di questo mondo ad aiutare gli altri. Sono sensibile alla tua situazione, ho empatia. Pure per lui riabilitazione postuma.

Insomma pare non solo che Nemo profeta in patria nella nostra terra, ma finanche in vita!

Diceva Sabin, lo scopritore dell'antipolio che non brevettò mai per tenere basso il prezzo del vaccino, che i saggi si adattano al mondo, i pazzi cercano di cambiarlo. Dunque il progresso è solo opera dei pazzi.

Ricordiamolo quando ne vediamo uno.