giovedì 5 dicembre 2013

When we were Kings

Oggi si è svolta una cerimonia veramente particolare ai Laboratori di Frascati. Si celebrava il fatto che la società di fisica europea ha deciso di scegliere questi laboratori come sito storico, ovvero come luogo da dove è passata la scienza in questo continente.
La motivazione è stata la realizzazione del primo acceleratore elettrone-positrone nel lontano 1961, chiamato ADA, l'acceleratore che ha aperto la strada per la fisica delle particelle della seconda metà del XX secolo. E' stata una cerimonia sobria, intensa e forse anche velata da tristezza. Certo gli interventi di Salvini (classe 1920) e di Bernardini (1930) ci hanno trasportato in quegli anni. Ma poi ci ha pensato il presidente dell'INFN, l'energico Prof. Ferroni (sicuramente il migliore dei presidenti che abbia visto) a riportarci alla realtà, ricordandoci la distanza da quel passato.
E allora ecco la timeline. Nel 1961 eravamo i primi. Oggi era presente il Nobel Samuel Ting, che ebbe il premio nel 1976 per una scoperta che fu lisciata di pochissimo a Frascati. Dunque allora eravamo ancora in prima linea.

E poi un lento e inesorabile declino, puntellato da scemenze tipo smantellare i servizi tecnici per dare tutto in outsourcing, rilassare i parametri del merito a favore della familiarità, puntare su persone e scelte sbagliate.

Guardo gli altri posti storici che sono stati scelti in Italia: la vasca dei pesci di Fermi, la collina di Arcetri su cui Galileo faceva esperimenti e Villa Griffone, nella quale Marconi realizzava la radio. Ora rispetto ai laboratori di Frascati sono tutti posti morti, dei musei. Qua invece noi pensiamo di fare ancora ricerca e anche di buon livello.

Queste cerimonie mi lasciano sempre un pò di amaro in bocca. Mi pare che ci rifuggiamo nel passato perchè il presente è triste.

Una sola cosa credo leghi quei giovani di un tempo a noi oggi. L'entusiasmo per quello che facciamo. Ma ce ne è un'altra che segna la distanza. Allora guardavano al futuro con ottimismo, pensavano che sarebbe potuto essere meglio, che la freccia del progresso era nella direzione giusta. Oggi siamo in retroguardia, speriamo che il domani non sia peggio di oggi.

E siamo sopratutto rassegnati, vediamo questi momenti come una età dell'oro che non tornerà. E la cosa grave è che può essere che abbiamo ragione.




venerdì 22 novembre 2013

Il mondo senza i Kennedy

Da bambino tanti anni fa aprendo i Quindici trovai la storia dell'omicidio di JFK. Era triste, un presidente giovane, a capo della più forte nazione del mondo, l'uomo più potente. Negli anni la storia di quella famiglia, che un americano un giorno me la definì come i reali a stelle e strisce, mi ha sempre interessato. Ho letto libri su di loro, ne ho regalati.

E' una storia in cui c'è tutto, la bellezza, la giovinezza, la sfrontatezza, le scappatelle con Marylin, la grande carica di idealità degli anni 60, una morte violenta e misteriosa, il senso di una opera incompiuta.  Una storia che passa attraverso discorsi leggendari tipo "non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi ma cosa voi potete fare per l'America", oppure "la libertà è un bene indivisibile. Se solo una persona non è libera noi non siamo veramente liberi". 


Nel mio immaginario i due fratelli Kennedy, John e Bob, sono in realtà due sfaccettature della stessa medaglia. Sono lo spostamento di una frontiera, l'inizio della corsa alla Luna, della distensione, la lotta per i diritti civili. Sono persone che si sono circondate delle migliori professionalità, non cercando yes-man o cortigiani, ma menti pensanti, anche critiche verso di loro.

Osservo con tristezza che le tre grandi figure di statisti del dopoguerra che hanno veramente cercato di cambiare il mondo, riprogrammandolo su basi diverse (chi non conosce il discorso sul PIL di Bob Kennedy?), ovvero i loro e Olof Palme, il padre della socialdemocrazia svedese, sono stati tutti assassinati in circostanze poche chiare.

Basterebbe questo per essere un pò pessimisti. Ma ciò che è ancora più grave è che a loro eredità è andata dispersa. Obama sicuramente incarna il Kennedy del ventunesimo secolo. Eppure le sue politiche sono osteggiate, la sua leadership in discussione. Quotidianamente assistiamo allo scempio di qualunque stato sociale che si era faticosamente costruito in passato in virtù di un ideale solo, che ha sostituito i valori più elementari: il mercato.

Per un pareggio di bilancio affamiamo i popoli, per dare a pochi togliamo a molti. Il problema non è la morte di Kennedy, ma la scomparsa di quello spirito che guardava al futuro con ottimismo, che alzando gli occhi alla Luna diceva: noi andremo lì. E' la scomparsa di ciò che c'è più bello nell'uomo, la tendenza al progresso, al cambiamento, alla ricerca.

Sono passati 50 anni e il mondo è profondamente cambiato: in peggio!

venerdì 25 ottobre 2013

Alziamo le mani

Oggi ne ho per tutti, ognuno può trovare nelle righe che seguono la sua via per alzare le mani.

L'apprezzatissimo ministro della pubblica Distruzione e della ricerca dell'Università ha partorito le sue creature. Il turnover che dovrebbe essere al 20%, ovvero su cinque che vanno in pensione ne assumo uno, in realtà nasconde un grosso inganno.

Il primo è che continuando così non ci vuole un matematico per capire che non ci rimane nessuno nell'Università, ogni cinque ne prendo uno è quasi una decimazione nazista. Il secondo è l'applicazione su base nazionale di questo criterio, il che vuol dire che a secondo di un algoritmo deciso dal ministero le varie sedi hanno più o meno turnover. Ora applicando il magico sistema al sistema universitario capita che il Sant'Anna, da dove CASUALMENTE viene il ministro, viene così incredibilmente favorito al livello di un turnover efficace del 220%, ovvero 22 assunti per ogni 10 in pensione. Che caso casuale!

Arriva poi il decreto ministeriale con la programmazione per il triennio. Contiene perifrasi inquietanti, tipo "dimensionamento sostenibile", un modo carino per dire tagli. Ci sono passaggi spassosissimi come la richiesta di attrarre studenti o addirittura docenti stranieri. Non riusciamo a tenere quelli nostrani con gli stipendi che diamo, ma state scherzando? Ma questi dove vivono?

Mi paiono un dottore che non sapendo fare una diagnosi continua a tagliare parti del paziente, prima un braccio, poi una gamba. "Ma Dottore, come andiamo?". "Benissimo caro, benissimo, stiamo ottimizzando il suo corpo".

Ma non guardiamo all'esterno perchè il male è anche dentro di noi! Le persone invecchiano si sa, vanno in pensione (capita!) e però non vogliono mollare nulla. Non crescono altre generazioni, accentrano il potere e poi un giorno lasciano il vuoto.

Magari lasciassero proprio il vuoto, desiderano ancora venire a frequentare il Dipartimento, anche se gli spazi scarseggiano. Per carità qualcuno può dare ancora molto e sicuramente non si può fare di tutta l'erba un fascio. Ma in questa contingenza storica forse potrebbero delle volte fare un apprezzatissimo passo indietro.

E allora che facciamo? Se trovano qualcuno che li ospita prego si accomodino, però, con la generosa pensione che percepite, potreste almeno pagare l'assicurazione per stare qua? 80 euro l'anno, che volete che sia!

Ma ci mancherebbe, siamo stati qua per prendere mica per dare. Li pagassero i giovani in vacanza contrattuale, che noi troviamo un sodale che li arronza dai fondi ricerca. Succede.

Però meglio affrontare il problema alla radice. Facciamoli professori emeriti così hanno diritto a rimanere qua tutta la vita. Il nostro dipartimento si era dotato di un regolamento molto semplice. Serve la maggioranza qualificata per tale nomina. In questo modo solo le persone di chiara fama possono rimanere. Invece il rettore ha deciso che basta il 50% e SOLO dei professori ordinari, così rimangono anche le persone di solide amicizie.

Niente, farsi il mazzo, credere che un giorno migliorerà, che lo stai facendo per fare un servizio al tuo paese, che quello che fai lo fai per i giovani che incontri, che ami il tuo lavoro e loro non ti toccano, alla fine non basta più. Ci sono giorni in cui grandina merda e in quei giorni ti chiedi:

Alziamo le mani, in segno di resa o su qualcuno?

venerdì 18 ottobre 2013

ladri di futuro

La vita umana si sa è finita, anche se alcuni tendono a dimenticarlo e si atteggiano ad immortali. Cosa è che allora spinge avanti? La prospettiva di un futuro migliore, per se', i propri cari o la propria discendenza.

In un mondo che era da poco uscito da una guerra vera e ne stava subendo una fredda la fiducia di un domani migliore era massima. La scienza e la tecnologia erano idolatrate perché avrebbero risolto i mali dell'umanità. Siamo andati sulla luna, abbiamo solcato l'atlantico a velocità supersonica (cose che non facciamo più tra l'altro), trapiantato gli organi, sconfitto il vaiolo. Sono venute le vacche grasse, e qualcuno ha approfittato per scappare con la cassa negli anni 80. Gli anni del raddoppio dei deficit pubblici.
Oggi c'è un arretramento totale, culturale e sociale, anche nel modo in cui è percepito il mondo. La scienza è cattiva, pericolosa, al soldo dei governi massoni o delle multinazionali. I dottori sono schiavi delle ditte farmaceutiche, i politici delle lobbies. Nessuno parla di futuro, nessuno ha un orizzonte di venti anni, bastano venti minuti. Perfino i film di fantascienza o i telefilm fanno vedere un futuro distopico. Non si sogna più.

Perché questo è il mondo del presente, in cui il passato si cancella rapidamente e il futuro non interessa a nessuno. E' il mondo dell'istantaneità di un twitt, di una frase su facebook, una battuta su Spinoza.it. Si ha una incredibile idea di precarietà, come se le conquiste e i diritti acquisiti non fossero più tali, come se quello che per i nostri padri era normale, che so un servizio sanitario che ti cura, sia considerato un lusso. Per non parlare dell'architrave della società, la scuola e l'università. Quanto mi ha colpito la storia di quell'eritreo che è affogato nel canale di sicilia. Aveva con se' l'unica cosa che lui ritenesse preziosa, la sua laurea. Ed aveva ragione. E' triste pensare che oggi una laurea in questo paese vale molto poco e c'è chi invece pensa ancora che la conoscenza sia il bene più grande.

Come se ne esce? Qualcuno ha sentito parlare dei giovani? Ci sono ancora quelli non narcotizzati dalla TV, quelli non lobotomizzati da facebook, quelli con cui è piacevole fare un discorso, quelli che vogliono cambiare qualcosa, quelli che non si arrendono al fatto che gli hanno rubato un futuro ma vogliono costruirne uno.

Sono come i panda però, anche loro in via di estinzione. Perché se non li riconosciamo, se non li aiutiamo, se consideriamo che essere giovani è un difetto invece di una potenzialità, se li priviamo delle occasioni, se destiniamo risorse alle rendite di posizione dei mediocri anche questi si ripiegheranno sul presente e finiranno con il mettere insieme una infinita serie di albe e tramonti senza sognare un domani migliore.

giovedì 10 ottobre 2013

Produzione di massa

Eh lo so, solo i fisici capiranno il doppio senso del post, che parte dal premio Nobel a chi ha spiegato come appare la massa...

Ho trovato molto godibile l'articolo ironico apparso su http://www.roars.it/online/il-nobel-dei-baroni/ nel quale si sottolinea come, secondo i parametri messi dalla Gelmini per l'ANVUR (Agenzia Nazionale per la valutazione dell'Università e la Ricerca) nessuno dei due vincitori il premio nobel per la fisica avrebbe i titoli per aspirare ad un posto universitario in Italia. Questo spero faccia capire a molti che quello che andiamo dicendo da tempo, vogliamo essere giudicati sì ma per favore non in questo modo, abbia una certa credibilità.
C'è stato un momento in cui l'Università italiana ha smesso di produrre qualità e si è concentrata sulla quantità. Abbiamo introdotto la partita doppia nella cultura, debiti e crediti. E si è cominciato a pensare che non importa come siano i laureati, cosa ci fanno del pezzo di carta. L'unico imperativo è farli laureare, altrimenti il ministero taglia i viveri.

Un sistema basato sulla quantità valuta dunque uno scienziato su quanti articoli scrive e non sul valore della sua ricerca. Higgs ha pubblicato pochissimo e vinto (giustamente) un Nobel. Perchè il contributo di uno scienziato è il progresso della conoscenza. E questo può essere fatto anche da una sola luminosissima idea. Non è un impiegato statale che deve passare una serie di pratiche da un tavolo all'altro e non è la mera quantità del suo lavoro che ne fa il valore.

Questo non significa che anche tra di noi non ci siano degli sgobboni e dei fannulloni, ma la valutazione deve essere nel merito, della ricerca, degli studenti che laureiamo, della capacità di attrarre interesse per le nostre attività.

Invece trattiamo la cultura e la conoscenza alla stessa stregua di un filato cinese: basso costo, corta durata, poco valore, produzione di massa.

Proprio ieri una ragazza che ha fatto il dottorato con il nostro gruppo e che poi è andata a Berlino per il suo post-doc, dopo appena due anni ha ottenuto una posizione permanente in quello che è il secondo laboratorio di Europa. Ha 30 anni.

Qualche giorno fa un famoso ricercatore americano ospite da noi ha detto ad un giovane e brillante studente:"questa macchina è quasi unica al mondo, quello che impari qua te lo potrai rivendere dovunque". Mi ha fatto piacere ovviamente e lì per lì non ho colto il retrogusto amaro di quella frase: da' per scontata l'emigrazione.






giovedì 3 ottobre 2013

Se questo è un uomo...

Dentro quei sacchi ci sono uomini, donne e bambini.

Chi sono? Sono dei clandestini da ributtare a mare come dice qualcuno? Sono dei migranti come li chiamano i telegiornali o sono invece degli esseri umani come preferisco io?

Sono delle persone, ma qualcuno lo vuole dire? Cosa è questa pelosa ipocrisia che li chiama migranti? E una volta che riconosciamo la dignità di persone umane a questo popolo quanto dura la nostra indignazione? Verrà spazzata via dalla quotidianità e torneremo nella nostra indifferenza?

Disse Elie Wisel "E' molto più facile distogliere lo sguardo dalle vittime. E' molto più facile evitare certe impreviste interruzioni al nostro lavoro, ai nostri sogni, alle nostre speranze. L'indifferenza riduce gli altri ad una astrazione".

Questa astrazione è oggi allineata al porto di Lampedusa.

Orrore e Vergogna, sono d'accordo.  Ma anche queste frasi sono piene di ipocrisie. Perché siamo noi a spingerle sulle barche. Sono le guerre a cui noi vendiamo le armi, sono la sovrappopolazione in regioni povere perché non si ha il coraggio di adottare misure di controllo delle nascite, sono la miseria di un continente la cui ricchezza complessiva è minore di quella delle 31 più ricche persone del globo.

Perché siamo tutti bravi a commuoverci a chiedere l'intervento dell'Europa, la revisione dei trattati. Ma è come lo scoiattolo dell'era glaciale. Cerchiamo di tappare un buco dopo l'altro nella diga che si incrina. E se da un lato c'è la pietà umana per queste persone dall'altro ci sono le problematiche delle società multietniche e oramai multiculturali e gli enormi problemi dell'immigrazione.

No signori, non potete piangere. E non dite non è colpa mia! E' colpa nostra eccome, perchè con la scusa che non ci possiamo caricare i problemi del mondo guardiamo dall'altra parte. E se non arriva la nostra compassione e umanità, dovrebbe almeno giungere un pò di buon senso.

Se il tuo vicino è povero e non ha nulla da perdere, tu non potrai mai essere un ricco felice, perchè passerai tutta la vita sotto assedio. Che facciamo? Rinunciamo ad una parte del nostro benessere? Adesso forse abbiamo la scelta, tra qualche anno chissà.

Una volta J. F. Kennedy disse che la libertà è un bene indivisibile. Se solo una persona non è libera noi non siamo veramente liberi.Sottoscrivo.

sabato 28 settembre 2013

La vera crisi

Non diciamo balle! La crisi economica non è la quella più grave. Il nostro problema non sono gli spread o il debito pubblico, l'IVA o l'IMU:

Il vero problema è la crisi morale, civile e culturale di questo paese. Siamo venuti fuori da una guerra che eravamo un cumulo di rovine. Le famiglie vivevano tutte nella stessa stanza, la carne si mangiava una volta a settimana, i più erano analfabeti. Eppure c'era qualcosa a tenerci insieme che ora non esiste più: il civismo, l'educazione e il rispetto per gli altri.

L'insegnante ha sempre guadagnato poco ma era rispettato, era la figura cardine dell'educazione dei figli. Se arrivava un quattro erano sganassoni per il ragazzo che non aveva studiato e non per il docente. Il dottore salvava le vite e non era un produttore di ricette on demand, salvo poi curarsi da soli. L'ingegnere costruiva ponti e non prendeva mazzette per mettere la sabbia nel cemento. E più in generale se non ci si conosceva ci si dava del lei, la maleducazione era additata con severità.

Adesso invece ognuno per se'. La cacca del cane sul marciapiede, il parcheggio dove capita, gli stop se ho voglia, la fila se non posso evitarla, lo scontrino se lo chiedo, il casino a casa a qualunque ora, la cicca per terra, la telefonata ad alta voce, solo per citare alcuni dei comportamenti più fastidiosi. Per poi arrivare a crimini ancora più biechi, tipo sparare al vicino per lo stereo, uccidere o picchiare la ex-ragazza, guidare sbronzi o drogati, evadere le tasse e ogni balzello. Tanto quale è il problema?

Per non parlare del modo di esprimersi dei politici, dai vaffa-day alle bordate sui boat people, passando per le pallottole per finire ai colpi di stato. Oramai hanno raschiato il vocabolario e sono costretti ad inventarsi sempre nuovi insulti.

E più in generale quello che manca è qualunque considerazione del prossimo. L'altro è sempre stupido, a priori, anzi un "coglione" si dice oggi, per differenziarlo da noi che siamo invece dei "furbi". Se mi fermo sulle strisce per fare attraversare una carrozzella è quasi certo che la macchina dietro mi supererà e rischierà di incollarsela.

Il fatto che la scuola sia andata a rotoli, che pochissime persone abbiano letto un libro, che non c'è una educazione allo stare insieme al capire che la società funziona se c'è un contratto sociale, alla fine ha provocato questi disastri.

E questo non lo mette a posto una manovra finanziaria o la Banca Centrale Europea. Qua c'è una povertà di valori impressionante. Mancano qualità quali l'altruismo, la gentilezza, il rispetto, l'umiltà, l'empatia, l'educazione.

Siamo all'anno zero, anzi ancora prima. Vi arriveremo quando qualcuno si accorgerà che abbiamo polverizzato qualunque idea di convivenza civile.

sabato 14 settembre 2013

La modernità della Chiesa

Sono rimasto abbastanza colpito dal poco eco che ha avuto la risposta del Papa Bergoglio a Scalfari su Repubblica. Non tanto per il fatto di un Papa (del quale ho molta stima e simpatia, decisamente una grande persona) che scrive ad un giornale ma per quello che ha detto.

Se consideriamo chi lo dice è deflagrante. "Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. .... la questione per chi non crede in Dio sta nell'obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c'è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire."

Oh perbacco. Sono saltato dalla sedia. Abbiamo fatto fuori tutte le storie sul relativismo e finalmente abbiamo riconosciuto che se pure non credi ma sei un bravo quaglione non ti sei fatto fuori il regno dei cieli. Dunque il povero Welby, che non ha avuto nemmeno una messa perchè suicida, forse ha qualche possibilità, magari almeno uguali a Pinochet, dittatore sanguinario celebrato però con tanto onore?

E' un passo avanti no? Ricordo che durante la catechesi per la cresima mi era già venuta questa domanda. Ma come non conta se ti comporti bene o no ma solo se credi in Dio? Ma il Signore è forse uno che si offende? Avevo abbozzato anche una risposta basata sulla coscienza. 

Avevano finito le fascine e dunque ho evitato il rogo di Giordano Bruno. 

Ora quello che dice il Papa è degno di una enciclica per la Chiesa Cattolica, ma per una persona di buon senso si tratta di una solare ovvietà. 

La Chiesa sarà veramente moderna il giorno in cui avrà detto qualcosa e dieci, cento anni dopo si dirà: "avevano ragione loro". 

Finora la storia (rileggetevi http://futuroposteriore.blogspot.it/2012/03/ognuno-ha-la-storia-che-merita.html) è stata esattamente al rovescio. 

mercoledì 11 settembre 2013

Le carte in regola

Si parla delle Olimpiadi 2024 e si fa il nome di Roma. Il sindaco Marino sottolinea: "Roma ha le carte in regola!".

Sono ciechi o deficienti?

Roma è una città che negli ultimi anni non è scivolata, è SPROFONDATA nella qualità di vita.

Da che cominciamo? Dal fatto che oramai possiamo dire che in confronto a noi a Napoli sonodisciplinati con le auto? Parcheggio selvaggio, non si salvano le strisce, le curve, doppie e triple file. I pochi vigili (sono solo più di 6000, se in un giorno ne incontri uno è grasso che cola) chiudono entrambi gli occhi, sopratutto dove sono i negozi...

La mondezza si accumula in alcuni quartieri e nessuno fa nulla. Villa Pamphili una volta era un gioiello, ora una discarica. Gli autobus sono sporchi e certe volte anche molto mal frequentati. A San Lorenzo di sera i pusher offrono crack ed eroina. L'ultima grande opera pubblica è incompleta, la città dello sport di Calatrava, sotto la quale passo ogni giorno, cattedrale nel deserto, monito per i faciloni che propongono questa città. 

L'aeroporto che serve questa metropoli è assolutamente inadeguato, i trasporti da terzo mondo, basta un piccolo incidente su una consolare che si blocca il raccordo. Qualcuno di questi "o Olimpiadi o morte" è mai andato a Londra, Parigi o NewYork? Si rende conto dell'abisso che ci divide? 

A Roma le Olimpiadi le fanno i cittadini tutti i giorni, per cercare di vivere in un modo decente!




mercoledì 4 settembre 2013

Brooke Alexandra

Sono un frequentatore dei luoghi della memoria, sui quali ho già scritto 
http://futuroposteriore.blogspot.it/2012/08/i-luoghi-della-memoria.html. Sono posti senza tempo, dentro eppure fuori del mondo. Sono monumenti alla stupidità umana e alla sua crudeltà.


Ne ho aggiunto un'altro, ground zero, il memoriale dell'11 settembre. E' un luogo forte che mi ha colpito profondamente. E' vero non bisogna dimenticare altri 11 settembre (colpo di stato in Cile di Pinochet per esempio) o altre date e luoghi in giro nel mondo. Ma il fatto che sia stato fatto molto male non diminuisce quello che è stato portato qua. Nel silenzio del luogo, nel grigio della pietra, nell'abisso dove sparisce l'acqua, in tutto questo mi ritornano in mente quelle foto, quegli aerei, le lamiere contorte, ma sopratutto quella polvere. Polvere nella quale si sono spente queste vite innocenti, i cui nomi sono ordinatamente riportati su queste lastre. 

E su una di questa una triste e solitaria rosa bianca, deposta là perché quel giorno sarebbe stato il suo compleanno. Broke Alexandra, una ragazza, morta ad appena 23 anni. Un largo sorriso, un bel viso, una vita appena iniziata. 

Forse ci scordiamo che dietro quei nomi, dentro quella polvere sono sparite speranze, amori, ricordi, che hanno lasciato una incredibile ferita in chi è restato. E se è vero che il confine tra il bene ed il male è delle volte sottile, bisogna riconoscere che ci sono anche delle persone profondamente malvagie. Nessuna giustificazione, nessuna attenuante. 







lunedì 19 agosto 2013

Working to Progress

Viaggio meno di un uomo di affari ma più di un comune cittadino. Ho visitato con varie frequenze circa 35 aeroporti nel mondo, preso qualche centinaio di aerei e fatto almeno una ventina di tratte intercontinentali. Proprio un pivello non sono.

E poichè parto da Roma passo sempre per Fiumicino. Ma come, ancora parli di Fiumicino?

Cristo non si è fermato ad Eboli, ha fatto scalo a Fiumicino( http://futuroposteriore.blogspot.com/2011/05/cristo-non-si-e-fermato-ad-eboli-ha.html), Roma-Milano-Roma (http://futuroposteriore.blogspot.com/2012/05/roma-milano-roma.html e 18 minuti (http://futuroposteriore.blogspot.ca/2011/12/18-minuti.html) sono stati già dedicati a questa perla del trasporto aereo.

Ma Fiumicino, anzi aeroporti di Roma, riesce sempre a sorprenderti con la sua infinita superficialità.
Il buongiorno si vede dal mattino: al controllo di sicurezza mi hanno fatto ripassare perchè non stavano guardando. E (neppure negli US mai sucesso) non gli è bastato che togliessi il PC ma hanno voluto fuori anche i cavetti di alimentazione. Ora non ci vuole molto a capire che un cavo è un cavo, anche ai raggi X. Ma questo potrebbe rientrare nella pignoleria di un zelante poliziotto.

Quello di cui non ci si capacita è il gate H. H come Hiroshima, H come la bomba che mette sulla tua giornata. Per gli intercontinentali ero sempre partito dal satellite, gate G. No, H è la serie B dei gate, è un hangar (ah! H starà per hangar?) poco condizionato, dove affluiscono circa 20 gate in uno spazio molto angusto nel quale se ci sarà posto per far sedere un quarto delle persone che attendono è grasso che cola. Scene atroci, genitori con bambini al collo per ore, anziani tenuti in piedi, gente seduta a bivaccare.

Ma sopratutto l'H è per le rotte di serie B. Tutto l'est europeo, ma anche Tel Aviv e qualche sfigatissimo volo come Toronto e Boston. Ora non tutti i popoli manifestano lo stesso interesse per l'igene e la saponetta e molti di questi che affollano il terminale H non lo hanno di sicuro familiare. L'aria è pesante.

A questo aggiungiamo la criminale incompetenza di chi pensa di potere far salire su un aereo intercontinentale 250 persone con UN SOLO AUTOBUS!!

Eh sì perchè il terminale H usa solo bus. L'operazione di imbarco di un intercontinentale può durare anche 45 minuti, ma se ogni 40 persone il bus deve portarle all'aereo e poi tornare indietro ecco che si arriva al delirio di un'ora e mezza. Passata in piedi ovviamente, a cui va aggiunto il tempo in cui i tapini, ignari della fogna nella quale si stavano cacciando, sono arrivati in anticipo al tragico terminale H.

E mentre ti chiedi come è possibile che una persona dotata di un quoziente intellettivo superiore a 20 possa partorire una tale bestialità, ecco che arriva il manifesto, il cartellone gigante e geniale. Una beffa. Working to Progress, "to" non "in" sapiente gioco di parole. Lavoriamo per un aeroporto migliore.

Un caro augurio: ammalatevi.




mercoledì 7 agosto 2013

Sveglia ragazzi

Non sento che parlare di quanto sia difficile essere giovani oggi, con la crisi, con la disoccupazione in questa fascia di età  al 40%, con le scarse opportunità che ci sono.

Eppure non sono affatto d'accordo. Le opportunità oggi non sono più scarse di quelle della mia generazione, anzi.

Noi siamo quelli che hanno inventato il precariato e siamo stati la prima generazione ad averlo subito sulla propria pelle. E se oggi è un problema sentito e si cerca di porvi argine è perchè ha massacrato una generazione, la mia!

Oggi un giovane ha un dispositivo portatile dal quale può avere accesso a tutto il sapere umano. Scambia libri in pdf, li compera o li scarica illegalmente. Il risultato è che non deve passare il tempo a fotocopiare i libri, a prenderli in biblioteca, a perdere giornate dietro le bibliografie.

Comunica con il mondo, noi al più avevamo gli amici di penna. Grazie ai voli low cost può girare  almeno l'europa, in modo per noi impensabile un tempo. Ha accesso ai film in lingua originale sul proprio portatile e migliora la conoscenza delle lingue straniere.

E' il progresso baby, ed è giusto che sia così. Conosco un ragazzo che sta facendo il dottorato a Cambridge, che si è trovato da solo. Un'altro lo ha preso ad Oxford e anch'egli è riuscito con i propri mezzi e grazie alla rete a trovare una opportunità.

Dunque per favore basta lamentarsi. Perchè se è vero che la frase sui bamboccioni è falsa, crudele e infelice, è altresì vero però che non molta gente si vuole realmente mettere in gioco e tirarsi su le maniche. Ma sopratutto è vero che in molti giovani non c'è una tensione al cambiamento. Non tutti certo, ma molti. Non si preoccupano del mondo di domani, non vogliono migliorarlo, non hanno un ideale.

Il loro mondo è ripiegato su se' stesso, pensano al proprio orto, a cercare di preservare un benessere ereditato, senza indignarsi, senza ribellarsi, accettando una realtà così come è. O peggio ancora non si preoccupano, tanto ci pensa papà.

Di tutte le sciagure che non ci possiamo permettere è che il ricambio generazionale non porti novità, rottura dei vecchi schemi, evoluzione.

Come diceva Sabin i saggi sono coloro che accettano il mondo. Il progresso è solo opera dei folli. Forse abbiamo bisogno di giovani un pò più folli.

martedì 11 giugno 2013

il mondo che cinguetta

Chiariamo che non ho nulla contro Twitter e i sui derivati. Sono il risultato non la causa di qualche cosa. Non entro nel merito dello strumento che ha delle indiscutibili utilità per molte persone. Ma sono l'esempio di un mondo che cinguetta anche le idee.

Se si prende un giornale di 20 anni fa si scopre che gli articoli erano molto più lunghi e complessi. Per carità sono amante della sintesi e dire in 500 parole un concetto da 5 rende, come diceva Montanelli, capaci di qualunque delitto.

Ma ci sono concetti complicati che non si possono esprimere brevemente. E' l'illusione di trovare soluzioni banali a problemi complessi. L'utopia degli ultimi 20 anni di politica italiana.

No, oggi non c'è pazienza di ascoltare, non si segue un ragionamento. Come la vita scorre veloce, così le parole. Tutto è drammaticamente presente. Si affida al web un pensiero veloce, fugace, una battuta, che il giorno dopo sarà già scordata.

Ecco tutto è una battuta, dalle campagne elettorali che devono essere condensate in uno slogan, ai commenti dei nostri politici. E chi si mette più a fare un ragionamento? la gente cambia canale. Così tutto passa per un Bignami dell'esistenza, le informazioni sono sintetiche, le conoscenze sono sintetiche, perfino i rapporti personali sono sintetici.

Eppure io non mi arrendo e continuo ad avere dei pensieri superiori a 140 caratteri.


lunedì 20 maggio 2013

La democrazia diretta

Ho visto recentemente il bellissimo film di Spielberg su Lincoln, il che mi ha portato a questa riflessione. Lincoln fece approvare il XIII emendamento, quello che aboliva la schiavitù, sebbene questo fosse inviso alla maggior parte della popolazione, non ultima quella dell'Unione stessa. E non stiamo parlando di concedere il voto o i diritti di cittadino alle persone di colore, giusto il non essere schiavi. Molti hanno pensato che abolire la schiavitù sia stato fatto solo per indebolire la confederazione ed è vero. Ma nel momento in cui lui ha forzato la mano per fare entrare la norma in costituzione la guerra era oramai finita. Lincoln sapeva che quella era la cosa giusta da fare, nonostante tutte le difficoltà. E ha pagato con la vita la sua opera. Ancora negli anni 60 Kennedy mandò la guardia nazionale per far entrare i neri all'Università, dunque quanto distante era il presidente dal sentire comune!

Qualche anno fa all'inizio del suo primo mandato Barak Obama si è trovato, mutatis mutandis, nella stessa situazione con la riforma sanitaria, l'Obamacare. La appoggiava solo un terzo di tutto l'elettorato. Fino all'anno scorso era solo il 41%, oggi più della metà degli americani sono convinti della bontà di quella scelta. E mi aspetto che quando entrerà a regime nel prossimo anno i consensi saranno perfino maggiori.
Cosa sarebbe capitato se questi due leader, invece di seguire la loro ispirazione, invece di esercitare il loro ruolo di guida fossero stati dietro ai sondaggi?

Se avessero chiesto all'uomo della strada? Avrebbero fatto qualcosa?

E' proprio questa la differenza che io vorrei tra l'uomo della strada e il politico. Questi deve avere una visione, una prospettiva che altri non hanno, deve indicare una direzione anche se questa al momento è impopolare. Non è che una decisione è giusta o sbagliata se piace o meno alla gente.

Molte persone ragionano con la pancia e non vedono dietro l'angolo, non pensano che esista un bene comune che si riverbererà anche su di loro.

La democrazia diretta è la dittatura dell'ignoranza.




martedì 7 maggio 2013

un uomo mediocre

Non posso non pensare ad Andreotti come un uomo mediocre, che ha costruito un paese mediocre. Per cosa sarà ricordato? Una grande riforma forse? Una legge particolarmente innovativa? Un'idea di società più giusta ed equa? No, solo per l'esercizio del potere.

Certo aveva un gran senso dell'umorismo, di quello che ti consente di cavartela con una battuta perchè non saresti in grado di fare un ragionamento. Dire di Ambrosoli che "se la è cercata" tradisce la matrice squisitamente mafiosa del suo potere.

Non è stato amico di nessun grande intellettuale, di nessun grande imprenditore, di nessun esponente della cultura in generale. Forse non è stato semplicemente amico di nessuno.

Ed una persona del genere cosa è se non un mediocre? Un mediocre esempio di uomo politico sempre in bilico tra oriente e occidente, cercando di cavare il massimo dall'essere alleato o amico di due nemici. Un tipico italiano fastidiosamente furbo. E' forse il merito che ha ricercato? No di certo, ma la sudditanza, l'osservanza e l'ubbidienza.

Purtroppo con Andreotti non muore la mediocrità, quella che ha bisogno del dietro le quinte, quella che cerca sempre una scorciatoia, che mette le conoscenze davanti alla conoscenza.

Anzi forse questa mediocrità ce l'ha insegnata lui.


domenica 21 aprile 2013

Tizo Caio e Sempronio

Mai come in questi giorni si sente l'inadeguatezza di chi abbiamo eletto in Parlamento.

Mi sono chiesto si potrebbe evitare tutto questo? Credo di sì.

Dividiamo l'Italia in 630 collegi uninominali. Vuol dire che i partiti in ogni collegio devono scegliere chi presentare, una sola persona. Ma attenzione: che risieda in quel collegio, che viva lì. Vogliono fare le primarie online, cartacee, alla posta? Come gli pare. Uno solo che risieda nel collegio.

Alla fine sulla scheda io ho solo pochi nomi, SENZA un simbolo di partito. Tizio Caio e Sempronio. Nessun simbolo, nessun marketing. Ovviamente i candidati sono di un partito e una volta in parlamento ne ingrosserebbero le fila. Ma l'elettore quando sceglie deve scegliere la persona. Non è possibile che diventi senatore un tizio che alle primarie online prende 42 voti. Oh QUARANTADUE voti, i familiari!

Qua invece ogni candidato deve fare campagna nel suo collegio. Lo posso incontrare al supermercato, ad un gazebo, voglio la sua pagina web e il suo indirizzo email. E se è eletto voglio che lì ci sia scritto come ha votato. Perchè lui risponde a me, non al suo partito! E se lo beccano con le mani nel sacco voglio che sappia che abitando qua nessuno gli rivolgerà più la parola, nessuno gli preparerà un caffè al bar, nessuno gli venderà un giornale, ergo è meglio che cambia casa, e dunque collegio!

Ma se mancano i simboli di partito sulla scheda non è che la gente si sbaglia? Ecco diciamo che la "gente" si sbaglia da un pò troppo tempo. E il primo sbaglio che fa è delegare tutto, fregandosene della vita pubblica. Un segno su un logo accattivante e colorato e voilà spariscono i problemi. Eh no cari amici, perchè se le cose vanno male non è colpa dei politici, voi non siete meglio di loro. Il parlamento rispecchia la società italiana, fatta anche di truffatori, di ladri, di puttanieri, di meschini arrivisti e ovviamente anche di galantuomini, come spero ci siano anche in Parlamento.

Dunque se voi non vi informate, se non sapete chi sono i candidati ma vi serve il padrino che vi dica per chi votare state a casa. Se scegliete in base al colore del simbolo state a casa. Se siete scimpanzuomini, che dovete solo schiacciare un bottone state a casa. Se l'unico giornale che leggete è la gazzetta dello sport e cambiate il vostro voto se una squadra vince o no lo scudetto state a casa!!

La democrazia funziona se ogni persona esprime un voto sì, ma se quel voto è cosciente, se la persona sa per chi vota. E io così so chi è Tizio Caio e Sempronio.

Qualunque attività, sia industriale che culturale, sa che il reclutamento è fondamentale. Perché noi non ne diamo peso quando si tratta di scegliere chi deve governare un paese?

Voglio la Repubblica di Caio Tizio e Sempronio.

sabato 20 aprile 2013

one year later

Il 21 aprile di un anno fa con la corsa al pronto soccorso di Tor Vergata a causa del naso rotto di Lorenzo finiva l'avventura della Tor Vergata Football League.

E' stata una esperienza senza un prima e un dopo, c'è stato solo un durante. Prima di noi nessuno giocava a football nel nostro ateneo, dopo anche.

Il tempo è stato sempre un concetto aleatorio. E' capitato che abbiamo giocato anche quattro ore di fila, senza accorgercene. Perché in quel posto in quel momento il tempo si fermava. La testa si svuotava. Era come svestirsi degli abiti e dei ruoli della vita di tutti i giorni. Io non avevo 40 anni e loro non erano studenti.

Ripasso nei luoghi dove giocavamo e mi sembra di vedere le nostre ombre. Cogli l'attimo.

Un anno dopo sono cambiate molte cose. Con qualcuno mi sento ancora, ci si vede raramente e ciò è anche dovuto alle distanze. C'è chi è andato a fare il dottorato ad Oxford e poi è finito a Chicago passando per Harvard, chi sta a Cambridge, chi negli USA, chi si è spostato di città, chi lavora.

Eppure ognuno conserva un gran ricordo di questa esperienza, la tristezza del fatto che sia finita, ma la consapevolezza che indietro non si torna.

Se guardo alla mia vita negli ultimi 12 mesi trovo 3 viaggi negli USA e uno in Giappone. Vedo molta fatica ma anche tante soddisfazioni. E un pò dello spirito battagliero che ho acquistato, un pò della voglia di mettersi in gioco, un pò della tensione a migliorarsi sempre e comunque la devo a questi ragazzi, che mi hanno insegnato molto.

Finché questo spirito sarà presente, questa esperienza rimarrà viva.


giovedì 11 aprile 2013

Open some days, closed others



 San Juan è una cittadina così e così. La città vecchia è carina, come di solito tutte le città vecchie, e ha una fortezza fronte mare che è rilevante sia dal punto di vista storico che estetico. Punto.

Il mare è bello e stare in un hotel a 5 stelle davanti al bagnasciuga, con tanto di spiaggia attrezzata è fantastico. Certo sarà spersonalizzante andare in un albergo mastodontico ma è comodo assai. Siccome però le conferenze finisco abbiamo deciso di passare qualche giorno extra a Culebra, piccola e rinomata isoletta vicino a Portorico. Ti accorgi che qualcosa non va in questo paese, che aspira ad essere il 51-esimo degli Stati Uniti perché non riesci a capire come andare lì. 


Il traghetto c’è poche volte al giorno, i biglietti non si possono comperare prima e puoi stare anche ore e ore sotto il sole a fare la fila per imbarcati. E non è detto che ci riesci. Senza contare che il sole a 20 gradi di latitudine dall'equatore non è gentile come da noi. Opti dunque per l’aereo e ti imbarchi in una compagnia aerea che ha un sito web aggiornato al 2011 e che scrive le carte di imbarco a mano. E’ tutto molto familiare ma approssimativo, come i suoi aerei. Dopo un volo meraviglioso arrivi sull'isola e sei nel mezzo del nulla. In teoria ci dovrebbero essere i taxi ma non ne vedi. Provi a chiamare i vari numeri e nessuno risponde. Il Venerdì santo è tutto chiuso e pure una bottiglietta d’acqua è una impresa. 

Ora io dico possibile che ne’ in albergo, ne’ l’ufficio del turismo, ne’ chi noleggia auto ci abbia detto nulla? Il turista porta soldi, ma non deve recare anche rogne e fatiche. E’ un popolo che non si sforza non si stanca, non si stressa. La pulizia è un optional. Passi per il cuoco rasta, per la sabbia nella stanza, per le cucine che chiedono uno sgrassatore, per le condizioni igieniche manifestatamene carenti, ma un avventore con uno scarafaggio addosso nel ristorante non lo avevo mai visto! Insomma stupende le spiagge, bellissimo il mare, ma ragazzi datevi da fare, qua sembra una bidonville. Potreste avere un giardino e invece…

Su un chiosco c’è scritto “Open some days, closed others”. Direi che rispecchia la filosofia dell’isola.

mercoledì 3 aprile 2013

un mestiere bellissimo

Molte volte mi dimentico dell’unicità e della bellezza del mio lavoro. 

Deve essere quando lavoro di sabato e domenica, di norma avviene intorno al 27 del mese, oppure la sera dopo cena che sto ancora davanti al computer a leggere articoli. Capita quando non funziona niente e vedi che si è fatto già tardi. Succede dopo che sei rimasto a cercare di prendere dati fino a mezzanotte e non hai nulla. 
E poi tutte le volte che ti imbatti nella burocrazia, nei perversi meccanismi che regolano la distribuzione dei fondi di ricerca. Ma ovviamente nulla è di più desolante di certi spettacoli offerti da alcuni docenti.


Capita così che la quotidianità affoghi il bello del mio mestiere e devo andare ad una conferenza a Portorico per ritrovarlo. E non parlo solo della fortuna ad essere ammesso ad un così importante consesso in un luogo bellissimo. Ma anche e soprattutto della opportunità di potere discutere con tante persone così diverse e così competenti, di cui magari hai letto molti articoli ma non hai idea della faccia che hanno. 

E non c’è carburante migliore di vedere chi ha avuto una brillante idea che non conoscevi e poter dire: che fico, emozionante, bellissimo. Ragionavo in aereo che è il mio ottavo viaggio intercontinentale, la sedicesima tratta. Il mondo non mi è mai parso tanto piccolo.


Delle volte me lo scordo ma io faccio un mestiere stupendo.