domenica 18 ottobre 2015

Incompresi

Dico spesso che la cosa importante non è avere ragione, è farsela riconoscere.

Recentemente ho partecipato ad un workshop in cui si parlava di rapporti tra scienza e impresa. E mi sono reso conto della grande distanza che esiste, scavata perlopiù dal linguaggio.

Gli scienziati usano un modo di comunicare per iniziati, ma quando si rivolgono verso l'esterno (per forza non per amore si intende, lo fanno per raccogliere qualcosa per finanziare le loro ricerche) non fanno quello sforzo di comunicare in un modo che possa essere compreso.

L'idea che io sono nel giusto e che sei tu che mi devi capire è incredibilmente diffusa nel mondo accademico. Ed è esattamente l'antitesi delle basi su cui si fonda la cultura, che invece per sua natura dovrebbe essere altamente veicolabile.

Un esempio mi è fornito in questi giorni da una protesta che si sta diffondendo nelle Università. Poichè da molti anni i nostri stipendi sono bloccati, mentre oramai li hanno adeguati quasi a tutti, si chiede con veemenza che ci vengano riconosciuti anche a noi quegli aumenti che ogni lavoratore matura almeno per adeguamento al costo della vita.

Ma lo strumento usato per la rivendicazione è suicida: la sabotare la VQR, la valutazione della qualità della ricerca, gestita dall'ANVUR, quella macchina da guerra (bilancio di decine di milioni di euro) che si chiama agenzia nazionale della valutazione dell'Università e della Ricerca. Sgombriamo il campo da ogni equivoco. E' giusto che ci sia la valutazione, anzi è sacrosanto, come è evidente a tutti gli attori che l'attuale ANVUR sia una emerita stronzata.

L'ANVUR decide chi fa carriera, dando l'abilitazione scientifica nazionale (nota per chi legge io ne ho ben due in due settori disciplinari diversi, dunque non sto' rosicando perchè non me la hanno data) Se io pubblico un articolo su Nature e tu due articoli su una ignota rivista ungherese, tu produci più di me. Se tu pubblichi 400 articoli insieme a 400 autori per me ne hai pubblicato in media uno. E se io ne pubblico due con due autori ho fatto come te. Manco per sogno, per la ANVUR tu sei un genio e io un lavativo.

Adesso qualcuno ha avuto l'idea di non mettere i nostri prodotti di ricerca sui database per la valutazione. Siamo sabbia non olio nella macchina del mondo, c'era scritto una volta su un muro...

Ma il rimedio è peggio del male. Primo perchè se non hai prodotti di ricerca non ti finanzio, e dunque dove è la leva del ricatto? Siamo noi che perdiamo. Secondo perchè fuori dal recinto accademico l'uomo qualunque pensa che dentro le Università ci siano solo baroni e fancazzisti (e qualche volta ci prende) che non si vogliono far valutare. Dunque come gliela spieghi una cosa del genere?

La democrazia si basa sul consenso, che piaccia o no. Qualunque lotta sacrosanta se non viene spiegata rischia di essere spazzata via in un fiat. Ogni protesta ha sempre una parte lesa. Se si fermano i trasporti pagano i passeggeri. Ora noi insegniamo anche, se ci fermiamo è ovvio che il disagio sia degli studenti.

Ma questo no non è giusto, noi siamo veicolatori di cultura e non li possiamo penalizzare. Nobile, ma se non ci rendiamo conto della percezione che hanno di noi le persone fuori da i nostri recinti, avremo la credibilità dei politici senza avere i loro privilegi.


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